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Camaldoli, natura nell'anima.



La strada che porta all’eremo di Camaldoli è già di per sé un'esperienza autunnale unica. 

Le foglie di aceri, faggi colorano le strade del parco delle Foreste Casentinesi con la loro “primavera” autunnale. 

Dopo aver parcheggiato le auto di fronte all’eremo e fatta una sosta al bar ci mettiamo in cammino. 


C’è il sole in questa domenica di ottobre e le temperature sono miti. Dall’eremo i sentieri cominciano subito a inerpicarsi in salita e noi ne prendiamo uno che ci porta a immergerci nella foresta di abeti bianchi che circonda da secoli l’eremo. 


Saliamo pian piano di quota, siamo immersi nella bellissima abetaia, “tempio naturale” della spiritualità camaldolese. Qui dai primi anni del mille nella località un tempo chiamata Campo Amabile furono costruite le prime 5 celle degli eremiti guidati da Romualdo, fondatore della congregazione. In pochi secoli tutta l’area circostante l’eremo fu trasformata in una foresta di abeti bianchi che i monaci piantavano e gestivano, seguendo la regola benedettina dell'ora et labora. 


Arrivati sul crinale le nuvole cominciano a ostruire i raggi del sole, continuiamo sullo 00 per qualche chilometro fino a lasciarlo, inoltrandoci in una strada che a mezza costa offre scorci autunnali su un percorso meno battuto. 


Raggiungiamo una delle strade che un tempo facevano parte del reticolato viario della comunità camaldolese. Un antico cippo con il simbolo comunitario delle due colombe che si abbeverano allo stesso calice, ne dà ancora testimonianza.  


Risaliamo ancora verso il crinale e dopo un quarto d’ora raggiungiamo Poggio Scali, punto panoramico dove ci fermiamo per il nostro break pranzo. 


Dopo quattro chiacchiere e un buon caffè riprendiamo il nostro cammino. Stavolta esploreremo il versante est del crinale andando a costeggiare la riserva integrale di Sasso Fratino. Istituita nel 1959 è stata la prima riserva naturale integrale italiana che grazie a Fabio Clauser, allora amministratore delle foreste casentinesi, oggi preserva faggete secolari in un ambiente montano aspro e naturale, tra i più selvaggi d’italia e dove non è possibile accedere, se non per studi o autorizzazioni speciali. Queste le parole di Clauser su Sasso Fratino:

«Quel bosco offriva un paesaggio eccezionale da salvaguardare per l’esistenza di tanti fusti antichi di molte specie diverse, alberi di dimensioni inconsuete nei boschi appenninici. Piante in parte piene di vita, ancora di giovane apparenza, malgrado la loro esistenza plurisecolare, in parte disfatte da un lungo processo di riciclaggio del legno in humus, in parte piantine giovanissime, segno di una rinnovazione lenta, ma sicura del bosco. Uno spettacolo unico di suggestiva bellezza»

Il sentiero che costeggia la riserva risente della vicinanza di questo angolo selvaggio e incontaminato e lo attraversiamo in silenzio godendo della meravigliosa bellezza che regala. 


Dopo un sentiero in lieve ascesa attraversiamo una faggetta immersa in una fitta nebbia. Per qualche minuto ci sentiamo fuori dal tempo, nel Parco delle Foreste Casentinesi.


Dopo l’ultima breve ascesa raggiungiamo il crinale e riprendendo un ultimo sentiero stavolta in discesa che attraversa l’abetaia dell’eremo, torniamo di nuovo al punto di partenza, mentre il sole da qualche minuto è tornato alto in cielo.




Ecco le altre foto:



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