Di Fosco Maraini potremmo parlare per ore. La sua vita è ricca di storie, di aneddoti, di scalate, di scoperte di mondi lontani. E’ stato alpinista, scrittore, etnografo, orientalista e profondo conoscitore della natura, grazie alla sua laurea in scienze naturali.
In questa escursione lo abbiamo ascoltato, adulto, raccontare la sua prima fuga in Apuane, il suo primo e ultimo “amore”, con il fidato amico Bernardo entrambi sedicenni e lo abbiamo fatto leggendo un brano tratto dal libro “Farfalle e Ghiacciai”
Ci siamo ritrovati all’Alpe di Sant’Antonio, un antico alpeggio dei paesi di Sassi ed Eglio nel comune di Molazzana. Il sole è alto in cielo e le temperature sono ancora estive.
Fosco Maraini riposa qui dal 2004, nel piccolo cimitero che guarda verso le Panie e il Pizzo delle Saette.
Proprio sul Pizzo delle Saette riuscì a salire, come scrive nel racconto, scalando la via considerata allora più difficile. Prima dell’impresa però il suo racconto ci conduce in un mondo apuano oggi perduto. Con le sue parole chiare, scelte con cura, torniamo anche noi nei luoghi esplorati da ragazzo, ricchi di personaggi che abitavano questo remoto angolo di Garfagnana.
Dall'incontro con il giovane pastore, “vergine del mondo” come dice Fosco, che scambia prima i due amici escursionisti per due esattori delle tasse, per poi intuire che potrebbero essere del "Gruparpino" (il cai) e che li metterà in guardia di un possibile, oscuro incontro che potrebbero avere una volta raggiunta la vetta del Pizzo delle Saette: quello con gli "Omo Bestie".
All’incontro a Col di Favilla, oggi borgo abbandonato, con la signora che affitterà loro una stanza a due lire per notte, con un letto sul quale ricorda Fosco “inerpicarvisi era come salire sopra un altopiano”.
O al vecchietto di Campanice che chiede ai due ragazzi ansimanti sotto i loro pesanti zaini: “Ma a voi, chi vi paga?
La nostra escursione tocca Pasquìgliora, la casa che Fosco e Mieko, sua seconda moglie, comprarono e ristrutturarono e dove vissero, in un primo tempo, senza né acqua, né luce. L’ultima casa, il loro “buen retiro” in Apuane.
L’itinerario ci porta poi a scoprire il panoramico Monte Rovaio e la borgata di Col di Panestra, dove nell’agosto del 44 un durissimo scontro tra partigiani e nazifascisti portò alla morte di diciotto partigiani del gruppo “Valanga”.
Prima di rientrare all’Alpe di Sant’Antonio e far visita alla tomba di Mariani ci rilassiamo in uno stupendo pianoro all’ombra di un salicone, e ne approfittiamo per un po’ di minuti in silenzio, per ascoltare le emozioni della giornata, rinfrescati da una brezza leggera.
Ecco tutte le foto:
Grazie a Giusy per il contributo fotografico!
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